BOOKCLUB DOC: appuntamento al 25 gennaio!
Diario di bordo del Gruppo di Lettura dei docenti – Appunti di lettura Il 20 dicembre 2021, alle ore 14.30, si è tenuto in presenza il terzo incontro del gruppo di lettura dei docenti del Lunardi. Il nostro gruppo era composto da: prof.ssa Rita Pilia (Lettere); prof.ssa Gilda Bresciani (Lettere); prof.ssa Mariacristina Cristini (Economia); prof.ssa Maria Gaggia (Matematica); prof.ssa Rosella Grugni (Tedesco) e prof.ssa Antonella Nicastro (Inglese). Innanzitutto ci siamo soffermate sul secondo volume della saga dell’Amica Geniale di Elena Ferrante: Storia del nuovo cognome. È incredibile come le stesse vicende suscitino in noi reazioni contrastanti: c’è chi è infastidito dalla competizione tra le due amiche e si chiede se sia davvero amicizia e chi considera queste dinamiche del tutto normali e pienamente realistiche. I personaggi maschili continuano a non essere descritti in modo lusinghiero, ma dobbiamo ammettere che tutte le generazioni si trovano a dover fronteggiare il Nino Sarratore di turno che, pur non valendo granché, fa battere il cuore alle ragazze. Nel corso della narrazione, Nino è il personaggio attorno a cui ruotano i desideri di entrambe le protagoniste. Si verifica anche qui, infatti, quello che René Girard, nello splendido saggio del 1961 Menzogna romantica e verità romanzesca, ha definito la struttura triangolare del desiderio: il desiderio non è spontaneo, ma ha natura mimetica, è sempre mediato ovvero è frutto dell’imitazione di un modello. Quando l’Altro – un modello di riferimento – desidera un oggetto, questo acquista improvvisamente un valore assai maggiore e stimola le persone a desiderarlo a loro volta. Tra soggetto desiderante e oggetto desiderato, dunque, c’è sempre un terzo elemento, il modello che fa da mediatore (questo può accadere anche a livello inconscio: non sempre le persone ne sono consapevoli). Si tratta di una dinamica evidente nelle pubblicità dove lo spettatore è spinto a bramare un prodotto non tanto per l’oggetto in sé, ma per la promessa di felicità che sembra contenere (ovvero il sogno di diventare affascinante, ricco, potente, felice come gli attori dello spot che lo usano) Nel romanzo Lila e Lenù sono una il modello dell’altra e, di conseguenza, quello che una possiede (o desidera), non può che suscitare desiderio e in certi casi invidia da parte dell’altra. Ottenere quello che l’altra ha o, fare in modo che lo perda diventa dunque essenziale e permette di comprendere meglio certi episodi del romanzo, soprattutto i più disturbanti. Permette di capire perché accade tanto frequentemente che una persona sia attirata dal fidanzato/a della proprio amica/o fino a tentare di sottrarglielo. Non è tanto il fidanzato o la fidanzata in sé ad essere desiderato, quando la somiglianza con il modello. Il modello, infatti, spiega Girard, è ammirato (ognuna delle due ragazze riconosce la genialità dell’altra) e invidiato al tempo stesso: l’amore e l’odio convivono, per questo il legame che unisce le due ragazze ci appare potentemente ambivalente. Di capitolo in capitolo la natura mimetica del desiderio le spinge a imitarsi a vicenda, finché i ruoli non saranno rovesciati. Forse è proprio per questo che non mancano ripetizioni nel corso della saga: certi episodi si ripetono, cambia solo chi li vive. Un’altra lettura che ci ha emozionate è il saggio di Alessandro Vanoli dedicato alla stagione più fredda e non sempre facile da amare: l’Inverno. C’è chi è rimasto colpito dal capitolo sul vestiario nell’epoca degli antichi romani; chi dalla musica che accompagna il viandante solitario nel suo viaggio tra le nevi e i fiori di ghiaccio (Winterreise di Schubert); chi dal gelo delle trincee e tutti dall’atmosfera intima e luminosa del Natale. L’Inverno è il tempo dell’attesa, scrive Vanoli, e le sue parole ci aiutano a viverlo con serenità: arriveranno i mesi della frenesia, ma a dicembre è bene che il nostro cuore si riempia di calma e fiducia: sta per giungere un rinnovamento, una nuova nascita. Sotto la neve la terra che non vediamo palpita di vita. Il nostro incontro si è concluso, infine, con la scelta di due nuovi libri –– per il prossimo appuntamento del 25 gennaio alle 14.15 in aula 2A06 (piano del CIMP). Vi aspettiamo!
["C'erano anche parrucchieri bianki che vendevano pettini a denti stretti per i nostri capelli sottilissimi, svolazzanti e impossibili da tenere in ordine. Nelle Borgate si vedevano di rado bianke libere coi capelli al naturale. Portavano le permanenti, i dread e le treccine delle ambossane, anche se la pettinatura più richiesta era l'Aphro. In testa alle donne delle Borgate i parrucchieri innestavano chiome ricce aphrikane, tagliando i capelli sottili e cucendo al loro posto boccoli ispidi che creavano un look (in)naturalmente aphrikano. Ci volevano fino a dieci ore, e quando con la ricrescita tornavano a vedersi le radici bionde, rosse, castane o lisce, l'effetto era considerato molto cheap", p. 44.] La scrittrice Bernardine Evaristo dedica il romanzo Radici bionde, recentemente tradotto in italiano per la casa editrice Big Sur, alla memoria dei 12 milioni di africani che tra il 1444 e il 1888 vennero deportati in America e in Europa per lavorare come schiavi. Si tratta di un'opera che descrive la crudeltà della tratta atlantica da un punto di vista davvero insolito: per destabilizzare il lettore e metterlo di fronte a tutta l'insensatezza di stereotipi e pregiudizi, infatti, Evaristo immagina un mondo in cui tutto il potere è concentrato nelle mani dei nativi dell'"Aphrika", mentre sono i bianchi provenienti dalla più povera "Europia" ad essere ridotti in schiavitù. Capitolo dopo capitolo seguiamo le vicende di Doris (e di tanti altri indimenticabili personaggi), rapita sin da bambina, marchiata con il fuoco, violata e costretta a cambiare nome in Omorenomwara. Attraverso la sua voce e quella del padrone che l'ha acquistata - il potente proprietario di piantagioni e fervente antiabolizionista Bwana - l'incubo della schiavitù diventa sempre più tangibile. L'empatia nei confronti di Doris porta il lettore a sentire il dramma che nella realtà è stato davvero vissuto, anche se non dai bianchi. Il senso di superiorità, che per secoli ha contraddistinto la mentalità degli europei, emerge qui ferocemente esposto in tutta la sua irrazionalità. Nel mondo distopico di Evaristo gli Aphrikani trattano tutti gli europei come barbari, ritenendoli limitati dal punto di vista intellettivo, incapaci di provare veri sentimenti; ne criticano usi e costumi e svalutano tutto quanto li riguardi senza tentare minimamente di conoscerli. Agli occhi dei dominatori non esistono differenze geografiche o sociali: inglesi, tedeschi, spagnolo... sono tutti uguali; anche coloro che in Europa erano nobili, per loro sono solo dei bianki qualunque ovvero degli schiavi. Il colore della pelle influenza completamente il loro giudizio: non sono neppure in grado di distinguere un volto pallido dall'altro. Davvero destabilizzanti, infine, sono le pagine dedicate ai canoni di bellezza: in questo romanzo chi è biondo, magro e ha gli occhi chiari è considerato brutto. Molti schiavi, dunque, appena possono si sforzano di avvicinarsi al modello dominante, scurendosi pelle e capelli o sottoponendosi anche ad altri interventi ancora più invasivi. Ma le "radici bionde" prima o poi tornano sempre... Discorsi di questo tipo fanno riflettere su quanto i canoni estetici siano profondamente influenzati dal contesto politico e economico. Da chi è quanto siamo manipolati nei nostri gusti? Quale potere decide cosa sia bellezza e cosa no? "Radici bionde" non è decisamente un romanzo da "e vissero felici e contenti...", ma penso sia una lettura fondamentale soprattutto nella nostra epoca per scardinare certezze e rileggere la storia e il presente con maggiore apertura mentale e spirito critico. Altrettanto consigliato è il saggio di Pasolini e Vallorani, Corpi magici, che mi ha permesso di scoprire la scrittura di Bernardine Evaristo. Prof.ssa Rita Pilia |